PROMART
PROMART 2022-2023, negli studi degli artisti trentini

PROMART 2022-2023
negli studi degli artisti trentini


Un percorso di oltre trent’anni
alla scoperta di vita e miracoli degli artisti trentini,
andandoli a trovare nei loro atelier…


PROMART 2022-2023, negli studi degli artisti trentini

Fin dal suo primo apparire sulla scena culturale trentina, PROMART ha voluto dare coerentemente seguito ad uno dei propri principi ispiratori: quello di far conoscere (omissis) il fenomeno artistico, perché l’Arte sia letta e vissuta con l’entusiasmo della scoperta, dell’immedesimazione, delle sensibilità vere e mai esposte (omissis)E quale miglior strumento di quello dell’entrare proprio lì, dove il fenomeno creativo si compie, per dialogare “senza rete” (e senza filtri) con gli artisti, senz’altro fine se non quello di coglierne le sensibilità più profonde?
Ed è così che in questi trent’anni e oltre abbiamo varcato la soglia di decine e decine di atelier, sempre gioiosamente e senza supponenza, sempre curiosi e aperti ad ogni sorpresa (e financo alla possibile delusione…), sempre entusiasti nell’apprendere i piccoli/grandi segreti che gli artisti incontrati sono stati disponibili a svelarci.
In piccoli gruppi (max 10/12 Soci), mai invadenti, sempre rispettosi degli spazi che ogni artista può permettersi, attenti a cogliere ogni spunto per sviluppare con il nostro interlocutore un confronto dialettico libero da freni e pregiudizi (anche su argomenti “delicati” quali il rapporto con i colleghi artisti, quello con i galleristi ed il mercato, quello con il fruitore dell’opera), mai suggestionati dall’incontro con l’artista-divo, ma alla continua ricerca dell’artista-uomo. Così abbiamo costruito il nostro percorso di conoscenza dei protagonisti dell’arte trentina, suggellando amicizie, scoprendo insospettabili timidezze, qualche debolezza e una infinità di pregi oltre le apparenze. Oggi, davanti all’opera di un artista che abbiamo incontrato nel proprio studio, sappiano leggerne linguaggio e trame nascoste, possiamo percepirne il calore e le tensioni, la rabbia, il tormento e/o la tenerezza…
Da Paolo Tait a Ines Fedrizzi, da Willy Verginer a Luca Coser, da Aldo Caron a Marco Bertoldi, da Jacopo Mazzoleni a Mauro Cappelletti, da Gianni Pellegrini a David Aaron Angeli, da Roberto Codroico a Luciano Civettini, da Gianluigi Rocca a Rolando Tessadri, da Marco Cestari a Tomaso Marcolla, da Michele Parisi a Simone Turra, da Laurina Paperina a Paolo De Carli e Katia Pustilnicov, da Annamaria Gelmi a Italo Bressan, da Livio e Giorgio Conta a Paolo Aldi, da Angelo Demitri Morandini a Ulrich Egger, da Arnold Mario Dall’O a Werner Amadeus Bortolotti, da Pietro Weber a Marco Dalbosco… e quanti altri ancora, in questi 34 anni di attività dell’associazione, dovremmo ripescare dalla memoria.
Anche in questi ultimi due anni – successivi ai rallentamenti indotti dalla pandemia – non abbiamo mancato di alzare i calici (quelli del CinCinKit che accompagna i nostri incontri in atelier) ai futuri successi di chi ci ha consentito di entrare nel proprio mondo.

Nel 2022 lo abbiamo fatto con Annamaria Targher, andandola a trovare a San Sebastiano di Folgaria e dialogando con lei che sfogliava le sue opere per noi, narrandoci piccoli sprazzi del suo vissuto – di donna e di artista – e di quanto quel luogo, così piccolo e insieme così luminoso, le consentisse di spaziare anche oltre l’orizzonte, superando il limite fisico di Forte Cherle per inseguire i suoi segni-sogni fantastici nei quali il racconto si carica di apparente goliardia fanciullesca e di suggestioni (talvolta trasgressive) evocative di un mondo immaginario che, a ben guardarlo, è molto più vicino alla realtà di quanto non possa intendersi ad un primo sguardo. Osservare da vicino le opere di Annamaria, infatti, è la vera (si potrebbe dire indispensabile) chiave di lettura per intenderne fino in fondo la mirabile capacità tecnica che le consente di alternare, senza timore e con straordinario equilibrio, il disegno alla pittura, il ricamo al collage, l’uso della carta a quello del tessuto, il bianco e nero al colore più sfacciato, spesso mescolando il tutto fino ad ottenere mosaici compostivi di rara efficacia e toccante poesia.

Il 2023 lo abbiamo iniziato a Trento, salendo le scale dello studio di Rosalba Trentini. Il suo atelier si sviluppa in un labirinto di più vani nei quali possiamo visionare ed ammirare i lavori dell’artista che si susseguono in buon ordine, quasi a segnare una sequenza tematica che stimola la discussione, alla ricerca delle suggestioni che hanno motivato, di volta in volta, l’attenzione di Rosalba verso il paesaggio, l’archeologia industriale, l’introspezione attraverso il ritratto, la leziosità di un ricamo mai finalizzato alla mera decorazione, ma sempre funzionale al racconto del vissuto o ad evocare momenti di toccante tenerezza.
Abbiamo scoperto un’artista gioviale, mai supponente, sempre disponibile al confronto delle idee, non soltanto sul fare arte… Concretezza di pensiero e rigore tecnico nell’affrontare la tela sono state le caratteristiche che più ci hanno fatto apprezzare la sua originale vena creativa. Le abbiamo assicurato con piacere il nostro impegno a seguire il suo percorso

Jacopo Dimastrogiovanni, un nome che sa di antico e di antiche ed austere, nobili prassi.
Anche per raggiungere il suo studio abbiamo dovuto affrontare quattro piani di un’antica dimora nel cuore-cuore di Trento.
Ci accoglie uno spazio all’apice di una tromba di scale che mette in diretta relazione cielo e terra; la luce cola perpendicolare, ad illuminare pochi metri quadrati dove, incredibilmente, ogni piccola creazione di Jacopo pare diventare monumentale, tanto è intenso lo spirito che la anima.
Mostrandoci un disegno realizzato in giovanissima età (ndr: magistralmente, con una matita bianca su cartoncino nero!), l’artista ci svela la sua profonda passione per l’arte rinascimentale. Una passione alimentata quotidianamente, sia come piccolo collezionista, sia per radicare sui dipinti di quel tempo il proprio linguaggio, tanto potente nell’evocazione quanto originale nella materiale realizzazione dei dipinti che, in buon numero, troviamo sulle pareti dello studio, a far mostra di se.
Stupiti e curiosi, percepiamo l’entusiasmo di Jacopo per il suo lavoro e la certosina perizia con la quale dipinge e plasma le sue opere, anche attraverso l’utilizzo sapiente di leggerissime carte lavate e preparate con cura prima di diventare materia prima per ritratti e figure di rara suggestione. Dopo alcune ore usciamo entusiasti dal suo studio, con la certezza di aver incontrato un artista del quale sentiremo parlare molto in un futuro non lontano.

Il tempo della pandemia è diventato, per La Chigi (pseudonimo di Chiara Girardi), occasione di approfondimento e riflessione su tematiche di rilevanza e spessore assoluti che – sembrerebbe un paradosso! – trovano sorprendente e piena rilevanza proprio attraverso la miniaturizzazione.
Nello studio dell’artista respiriamo creatività e sensibile impegno sociale. L’interpretazione – tra gli altri – del dramma dell’emigrazione o di quello della violenza sulle donne non sono meri esercizi estetici, ma momenti sinceri di condivisione e denuncia. Il supporto delle sue piccole scatolette di tonno o alici o paté de foie diventa palcoscenico per rappresentazioni di realtà che, a dispetto della dimensione, sono dirompenti narrazioni (spesso amare, amarissime…) che Chiara compone con forte partecipazione emozionale, chiedendo ai propri estimatori di leggerle come tali.
Abbiamo accettato la sua sfida e (con coordinata premeditazione) ciascuno di noi che abbiamo avuto la fortuna di incontrarla, si è presentato alla sua porta portandole in dono una scatoletta di latta, con l’auspicio che ciascuna possa diventare un capitolo di quelle storie che così bene e con grande generosità La Chigi ci ha dimostrato di saper raccontare. 

Abbiamo chiuso il 2023 incontrando Federico Lanàro nel suo piccolo studio, a Rovereto.
Entrare a piè pari nel suo bestiario ci ha fatti tornare alle nostre fanciullezze, con gli occhi pieni di meraviglia per la lettura di quel mondo degli animali (fantastico, eppure così reale) che Federico sa così liricamente rappresentare.
Il suo rapporto con la natura è di piena compenetrazione, quasi simbiotico; ogni dipinto apparentemente straniante è lì per raccontare di un mondo incantato e fluorescente nel quale il senso delle cose si perde e riprendono spazio poesia e fantasia (cosa ci fanno un capriolo o un cervo nel nido? E un bimbo a cavallo di una iena? E due cavalli che s’innestano l’uno nell’altro?); la visione di ogni singola opera si impreziosisce del racconto con il quale l’artista, generosamente, traccia la genesi di ciascun segno rendendoci partecipi di quel momento magico nel quale il pensiero si trasforma in opera d’arte. 
Dallo studio di Federico si esce riconciliati con sé stessi e con il mondo, gioiosamente stupiti.
Ecco, questi sono stati i nostri ultimi due anni a zonzo negli studi degli artisti della nostra regione. Due anni preziosi, che hanno arricchito i nostri bagagli di conoscenze, demolito qualcuna delle nostre certezze, stimolato nuove curiosità, rinsaldato vecchi e nuove amicizie.
Sarà così anche per l’avvenire.
Il 2024 già fissa – nel suo scorrere – i primi due appuntamenti che (senza far nomi, per mera scaramanzia) ci proporranno la minuziosa manualità di un artista che trae la sua creatività dall’artigianalità paterna, riallineandone l’espressione al nostro tempo e l’onirica rappresentazione di un mondo fantastico che una artista di formazione mitteleuropea continua tenacemente a proporre a propri estimatori.